Estraiamo la Pietra di Vicenza da più di 60 anni
La NICHELE FRATELLI è un’azienda che vanta un’esperienza ultrasessantennale nell’estrazione della Pietra di Vicenza da cave in sotterraneo. I fratelli Nichele (Albano, Armando, Bruno, Guido e Lino) iniziano la loro attività come cavatori terzisti e per oltre 20 anni prestano la loro opera presso le aziende proprietarie di cave nei Colli Berici.
Negli anni ’70 i fratelli Nichele lasciano la cava “Arcari” e diventano proprietari di una cava, la “Badia”, nella valle Del Gazzo, cuore del bacino estrattivo dei Berici, da cui ancora oggi si estrae la Pietra Bianca. Oltre alla Badia di Zovencedo collaborano all’apertura di altre cave nel territorio: “Scioso” e “Cengelle” a Grancona da dove estraevano pietra gialla e grigia e cava “Rigolon” di Brendola.
Oggi sono Alessio, Federico, Franco, Francesco e Ivan, figli e nipoti dei fondatori, a proseguire con orgoglio il vecchio mestiere del “priaro”. Attenti alle nuove esigenze della clientela e del mercato, essi sono alla costante ricerca del miglioramento nell’attività di estrazione, senza dimenticare gli insegnamenti dei “Veci”.
La storia dei cavatori Nichele inizia nel dopoguerra. In quei tempi era forte la richiesta di manodopera per ricavare dal nostro territorio massi da costruzione. Erano gli anni ’50 e la Pria (la pietra), come da tradizione secolare, veniva estratta a mano utilizzando picchetti, mazze, e “pendole” (cunei di legno o di metallo) e un grosso cricco a martinetto, chiamato “binda”. Negli anni ’70 nelle cave di pietra (le “priare”) arrivano le prime macchine da taglio, antenate di quelle segatrici a comando elettronico che servono oggi per cavare i blocchi di pietra (le “bore”). Pian piano anche i vecchi strumenti per movimentare i blocchi, come il paranco, l’argano, la binda e i rulli (i “rugoli”) vengono sostituiti da pale cingolate o gommate, costrette a muoversi nello spazio sotterraneo stretto e poco illuminato.
Con il passare del tempo, grazie allo sviluppo delle macchine e alle moderne esigenze dei laboratori di trasformazione, i blocchi da estrarre diventano sempre più grandi e pesanti, l’escavazione è più veloce e così in pochi anni la galleria si allunga notevolmente. Attualmente il fronte di cava della Badia è a oltre 1 km dall’ingresso. Le gallerie di accesso sono abbastanza ampie da far passare i camion che vengono caricati spingendo i blocchi di pietra sul pianale degli stessi con grosse pale cingolate oppure sollevati per mezzo di apposite forche applicate a pale gommate.